EXILLES

È questione di giorni: qualche settimana, dicono quelli

della tipografia. L’emozione di questi giorni è indescrivibile...

Spesso e volentieri mi reco alla tipografia per accertarmi

di come stia procedendo il tutto. Ho seguito da vicino

ogni fase dell’impaginazione, della stampa, dell’impostazione

della copertina; e ora, mi sembra di essere proprio come

un padre in attesa che suo figlio nasca. Sono veramente emozioni

indescrivibili e piene di sorpresa: vedere che ciò che ho

prodotto sta per essere dato alla luce, mi riempie di gioia e

mi colma di serenità. Non sono riuscito a tenere nascosto il

mio progetto; anzi, per me è motivo di contentezza il comunicare

tutto questo. Anche qui all’Eremo l’ho detto a Padre

Speir, il quale mi ha osservato con una certa sorpresa, e

nascondendo dietro il suo accennato sorriso anche un certo

timore. “Tranquillo – gli ho detto – vedrai che roba! Sarà un

libro di successo! Sarò famoso!”.

Lui, e qualche altro, qui, sanno del progetto in corso.

Anche i superiori lo sanno: un giorno, recandomi alla Curia,

e incontrando il Vescovo Jean, ho lanciato il mio progetto

con un tono scherzoso a lui e agli altri collaboratori: “Sto

scrivendo un libro sulla mia esperienza a Gourly!”. E quando

lui, Jean, mi ha squadrato con quel timore che gli vedevo

celato dietro gli occhi, subito gli ho detto sorridendo: “Non

si preoccupi: è bello, e non è un’accusa verso nessuno, né

una vendetta.

Certo, le cose appaiono chiare per tutti: per me, anzitutto;

poi, anche per Padre Noir... e il resto”. Già: il ‘resto’: ciò che

ancora Jean non sapeva né immaginava: di me e di lei!. Ora,

sarebbe stato tutto quanto svelato, anche a lui, come a tutti;

e chissà cosa avrebbe detto dopo averlo letto... È un libro

troppo forte! È sensazionale! E l’amico di Jean, Padre Erik,

sentendo del mio progetto e incontrandomi un giorno in

Curia, mi aveva chiesto con una certa apprensione:

“Ma...non scriverai cose delle quali dovremo poi vietare la

pubblicazione? Sei certi di avere l’‘imprimatur’?”.

“Ci conto, Padre Erik!” gli risposi sorridendo, mentre lo

lasciavo. E così, anche loro sanno ‘che’, anche se non immaginano

minimamente ‘come’ sarà questo libro. Anche a

Gourly il progetto è stato annunciato: ho fatto spargere la

notizia; anzi, presso l’amico Michel, che si è reso disponibile

a farlo, si stanno già raccogliendo le prenotazioni del

libro; già lo prenotano, senza averlo nemmeno visto e senza

neanche conoscerne il contenuto!. Loro, gli abitanti di

Gourly, pensano sia un’arringa di difesa o un’accusa a Padre

Noir: questo soltanto, arricchito dalle mie burlonerie e da

qualche barzelletta; e certo sono ignari circa il resto... già, il

‘resto’: lei!. Lei, non l’ho più né vista né sentita; ora, sarà

questo mio scritto a dire e a mostrare nel modo migliore le

cose; intanto, c’è il silenzio, in attesa della sorpresa. L’avrà

saputo da sua madre, della storia del libro; quanto al contenuto,

che cosa potrebbe pensare lei?. Mah!... Se fosse qui

ora, di fronte a me, mi direbbe con quel suo fare sbarazzino,

e con il sorriso sulle labbra: “Ma sei matto?!”; e io, come

allora, anche adesso le risponderei: “Sì: pazzo di te!”.

A Gourly, intanto – mi ha mandato a dire Michel – ci si

prepara a ricevere il libro attraverso anche un momento di

festa; sarà anche l’occasione per il mio saluto, visto che me

ne sono andato via così in fretta, senza aver avuto modo di

salutare e di essere salutato. Per il 18 giugno abbiamo stabilito

che mi farò vivo a Gourly; recando con me, in quell’occasione,

il libro che ho scritto, e che verrà consegnato a coloro

che si sono prenotati a riceverlo... e ci sarà anche per gli

altri che lo richiederanno. In questi giorni, sto pensando a

come prepararmi anche a questo momento: dopo la mia partenza

non sono più ritornato là; e mi piacerebbe proprio rivedere

quella gente, quegli amici con i quali ho trascorso quelle

ed altre esperienze positive, nonostante tutte le traversie.

In tipografia quasi ci siamo: manca soltanto stabilire il quantitativo.

“Quante copie stampiamo?” mi mandano a dire. Ci

siamo accordati, per ora, sulle tremila copie; poi, sarà il successo

del libro a stabilire il dopo. Mercoledì 15 giugno, ore

9: giunge la telefonata tanto attesa: il libro è stampato e pronto

per essere consegnato.

“Glielo facciamo avere per questa sera, tutto il quantitativo,

d’accordo?”. Con voce tremante per l’emozione, non

potendo resistere fino ad allora, chiedo: “Senta, potrei venire

di persona adesso a ritirarne già qualche copia?”. “Veda

lei; nessun problema” mi rispondono gentilmente. Non

ricordo di preciso che cosa ho provato in quel momento,

mentre ero in viaggio verso quella tipografia; certo, l’automobile

viaggiava più veloce che mai, e i miei sogni le stavano

davanti. Sta di fatto che in pochissimo tempo raggiunsi

quel luogo mai come allora tanto desiderato.

“Come? Già qui? - mi disse meravigliato l’amministratore;

poi mi accompagnò nel suo studio – Eccolo, il suo libro

tanto atteso!”. Osservai per qualche attimo quel tascabile che

consideravo tanto prezioso; ma la fretta non mi permise di

stare a fare troppi apprezzamenti; volevo portarmelo via

subito, questo mio libro, per guardarlo con più calma e

poterlo contemplare meglio. Dissi all’amministratore:

“Senta: ne prendo un centinaio, e intanto le pago tutto quanto”.

“Ma... può attendere per questo” fece lui. “No, va bene

così” e così fu; uscii con il prezioso pacco e con la prima

copia di quello che sarebbe stato l’occasione del mio successo...

Non riuscii a procedere per molto con la presenza di

quei libri nell’automobile: era troppo intenso il desiderio di

dare uno sguardo, di osservare e di leggere. Dopo poche

curve, fermai l’auto in un’insenatura della strada, spensi il

motore e presi tra le mani quel mio libro.

Non mi pareva ancora vero!. Chiudevo gli occhi; poi li

riaprivo per accertarmi che tutto fosse veramente così...

Guardavo e riguardavo quella che consideravo una mia creatura,

quasi un figlio che ora mi era nato!. La prima copia... a

chi la consegno?. “A Dio! – mi risposi con un sorriso – In

riconoscenza”. Già, ma come rintracciarlo? Vediamo...

Pensai un attimo a tutte le persone che conoscevo: chi tra

loro poteva meglio rappresentarmi la vicinanza di Dio? Chi

mi aiutava più degli altri a mettermi in contatto con Lui?

Dunque: no... no,... no,... Ecco! Le suore di clausura! Già:

loro, finora, erano state le più dirette collaboratrici in questa

esperienza; mi avevano sostenuto fin qui, con la preghiera; e

forse nessun altro che condividesse con me l’esperienza fatta

a Gourly poteva essere tanto vicino a me e a Dio in questo

momento. E così, la prima copia finì nel Monastero

dell’Annunciazione. Le altre si sparsero qua e là, tra coloro

che ritenevo i miei più vicini amici: Padre Sonne: il mio

primo parroco; i miei genitori, che rimasero alquanto meravigliati

nel vedersi gettare sul tavolo quel libro, accompagnato

dal mio commento: “Leggetelo: l’ho scritto io!” e

prima che potessero dirmi anche solo una parola, ero già

andato via; e così fu per gli altri parenti, come ad esempio

per zia Delcy... e gli altri. Finchè, quando ormai le copie

rimastemi in mano furono poche, decisi di riportarle a

Glorenzia, sospendendo la distribuzione, per il momento.

Ma, prima di tornare lassù, una copia doveva andare anche

a chi di dovere: al mio superiore: a Jean; non era giusto farlo

attendere. E poi, in fin dei conti, era il rappresentante di Dio

per me, in quella Chiesa che io servivo attraverso anche questo

mio scritto. Lo incontrai mentre, da casa, si stava recando

al suo ufficio in Curia; pareva un poco triste. Gli chiesi:

“Come sta, eccellenza?”. Mi rispose che quella mattina era

un po’ affaticato, e non si sentiva proprio bene; poi lui mi

chiese: “E a te, come va lassù?... E quel tuo libro?...” e sorrise.

“Eccolo, è qui: questo è per lei! - e glielo porsi; e l’unica

espressione che mi venne da dire in quel momento non

riuscii a trattenerla – Questo libro farà tremare la Diocesi!”.

Poi lo salutai e lo lasciai, tornando sui miei passi, e ripensando

a quella frase che mi era uscita e che non mi era affatto

piaciuta...Beh, torniamo ora all’Eremo, e prepariamoci

alla distribuzione per Gourly!. “Ha chiamato il Vescovo! Ha

detto di andare subito da lui, in Curia, che la sta attendendo!

Ha detto che è urgente! - così la suora portinaia mi riferì il

messaggio di Jean appena mi vide – Mi ha raccomandato di

riferirle subito ciò che mi ha detto, e appena l’avrei vista!”.

“Grazie...” risposi senza convinzione, mentre i pensieri

cominciarono a scorrere veloci, pensando a cosa potesse

volere di così urgente Jean, che cosa avesse da dirmi di tanto

importante da non poter attendere un altro giorno per dirmelo...

Che c’entrasse il libro?.

“Ma... ma... ti rendi conto di quello che hai scritto?!” mi

disse Jean con voce tremante e preoccupata, trasmettendomi

da quel suo volto agitato la gravità di ciò che si nascondeva

dietro quello che avevo fatto.

Sentii allora come un brivido in me... e fu come se tutto,

improvvisamente, ora, si velasse di nero, di grave e di buio.

Mentre Jean continuava a parlare, sottolineando la portata

negativa di ciò che avevo scritto e di ciò che stavo facendo,

io, osservando quel mio libro tra le sue mani, vidi esso come

il vero colpevole, come ciò da cui mi ero lasciato truffare e

che ora, attraverso di me, stava portando lo scompiglio nella

Chiesa di Dio. “Io ho dato soltanto uno sguardo... Ma mi è

stato sufficiente per capire che ciò che hai scritto qui, è estremamente

pericoloso e certamente può suscitare uno scandalo.

Ma ti immagini se queste pagine finissero in mano alla

stampa? Un successo... scandalistico!”.

Ecco come quelle ispirazioni, che io credevo opera di Dio

fino a quel momento, ora si rivelavano essere un’opera

demoniaca: il demonio, certo – e chi altri? – si era servito

della mia ingenua fede, delle mie buone intenzioni, e le

aveva volte al suo successo, facendomi credere che il libro

fosse opera di Dio! E certamente, era fede: in lui, nel

Demonio! Come ho potuto cascarci?! Mi pareva tanto positivo

il progetto!... “Ma perché non hai detto niente di queste

cose, prima di mandarle in stampa?!... Perché non ci hai fatto

vedere prima lo scritto?”.

“Ma...- cercai di giustificarmi, senza troppa convinzione,

considerandomi ormai nella colpevolezza -... non si ricorda

quante volte ve l’ho detto, che stavo scrivendo un libro?

Forse, per voi, il mio atteggiamento scherzoso è stato motivo

per non dare importanza alla cosa; e il contenuto... no, non

l’ho fatto vedere a nessuno, fino ad ora, perché lo ritenevo

una sorpresa, una bella sorpresa. Ma ora tutto mi si sta rivelando

per quello che è! Ho rovinato la Chiesa!... Il Demonio

si è servito di me per fare questo...dannato libro!...- e scrutai

tra le mani di Jean quello che ormai ora consideravo solo un

prodotto, ben imbastito, del Maligno - ...Jean!... Ora so di

essere un prete... sì: indemoniato!”. “Bah!...” fece Jean, cancellando

col gesto della mano quella frase appena sentita.

Ci fu un prolungato momento di silenzio... Jean stava

forse pensando a come rimediare a quella vicenda; io, intanto,

in quel gravoso silenzio, rivedevo tutto quanto, tutto quello

che avevo considerato e creduto come bene, come invece

opera del Maligno e suo successo; mi pareva quasi di sentirlo,

lì, dietro alle mie spalle, a sghignazzare, contento che il

mio successo stava ora per rivelarsi come il suo trionfo.

Compresi l’ambiguità che si era infiltrata sempre più nella

mia vicenda, facendomi passare da strumento della Chiesa,

a strumento di Satana; trasformando il libro da testimonianza

di fede in Dio, a testimonianza del male e del suo vincere.

Che guaio avevo combinato!. E questo era soltanto l’inizio!.

Si sarebbe ancora potuto fermare il tutto, ora?. Mentre

la paura e l’agitazione entravano sempre più in me, progressivamente,

recando amarezza e sconforto, Jean inconsapevolmente

pose la domanda che mi fece sprofondare: “Oltre

a questa, ci sono altre copie in circolazione?”. Gli elencai i

destinatari che in quella mattinata erano stati raggiunti da

me... Non credevo proprio di averne distribuite già una cinquantina

di copie!... Tante! Troppe!.

“Sentimi bene. Ora, cerca di fare il possibile per ritirarle

tutte quante; anche se sarà difficile, fai il possibile, d’accordo?”.

Subito annuii. “E ora, sentiamo: dove si trovano tutte

le copie stampate?”. “Me le porteranno stasera, su

all’Eremo, tutte tremila”. “Bene, bene... quindi, forse, siamo

ancora in tempo per fermare questo scandalo”. Questa parola,

ora, mi richiamò quella frase che avevo detto a Jean

scherzando, mentre gli consegnavo il libro: “Questo libro

farà tremare la Diocesi”; e ora ne vedevo la portata... ma ero

disponibile a fare di tutto per salvare la situazione, e ad ogni

costo. Sarei riuscito a farcela? Io, contro il mio libro! Io, contro

quel ‘figlio degenere’ che ora stava rovinando me, e

avrebbe certamente rovinato anche tanta gente!. Quanto

odiavo ora questo prodotto del mio io! Dio mio, aiutami!.

‘Venga il tuo Regno! Venga il tuo Regno! Venga il tuo

Regno!’. Questa invocazione mi accompagnava nel giro che

mi accingevo a rifare, presso tutti coloro ai quali era giunto

quel... dannato libro!. E così, iniziai dal Monastero

dell’Annunciazione: spiegai alla Madre in breve e con una

certa fretta il risvolto della vicenda, accentuando il fatto che

ora quel prodotto demoniaco doveva essere tolto subito dal

Convento, per evitarne la rovina; e così, la prima copia fu

riconsegnata. ‘Venga il tuo Regno, Venga il tuo Regno,

Venga’... speriamo di farcela!. Certo che il Demonio aveva

giocato con astuzia sopraffina; aveva fatto sì che il libro

fosse imbastito lassù, all’Eremo: aveva colpito bene, al

cuore della Diocesi, in quel luogo della spiritualità; non

aveva scelto a caso! ...E la prima copia? In un Monastero!.

Colpiva ancora in profondità, là dove la rovina sarebbe stata

più grave che altrove!. Riuscii, prima di sera, a farmi riconsegnare

la copia anche da Padre Sonne, e dieci copie che

avevo dato ad alcuni amici e compagni di sacerdozio; ma

ormai, era tardi per continuare. Tornai all’Eremo, ritirai la

copia data a Padre Speir che, al sentire come le cose stavano

procedendo, tirò un sospiro di sollievo; mi disse: “Senti,

sono arrivate le altre copie. Le abbiamo sistemate tutte in

quella stanza isolata, su al terzo piano; d’accordo?”.

“Sì, sì... grazie!” risposi un poco rincuorato; almeno, il

più era al sicuro!. “Ne mancano ancora un po’ da ritirare; che

dici, ce la farò?”. “Non agitarti, stai calmo. Ora, va’ a mangiare

qualcosa; poi, ci sentiamo, là in giardino... dai!”.

Quel suo dire mi rasserenò un poco; Padre Speir mi sapeva

sempre dire, e al momento giusto, quelle parole che mi

facevano recuperare il senso della realtà. Già l’avevo sperimentato,

quel suo prezioso aiuto, appena giunto all’Eremo,

dopo le mie travagliate vicende a Gourly. Ora, sapendo che

lui mi avrebbe ascoltato, non mi sentivo più così solo e

disperato come altrimenti sarei certo stato, senza quella sua

benefica presenza; i dialoghi con lui, là nel giardino, erano

sempre densi di serenità; e adesso più che mai di questi

avevo bisogno. Divorai in fretta un panino, pensando nel

frattempo a come organizzare il giro dell’indomani; poi, mi

recai a telefonare a mia madre: “Mamma, ti prego...cerca di

fare il possibile... Ritirami tutti i libri che ho dato, a te e agli

zii – e qui gli elencai i parenti ai quali avevo consegnato il

libro – ...Promettimi che farai il possibile... Mamma!...”.

“Sì, sì... non preoccuparti, lo farò...Ho letto qualcosa di

quel libro – e qui la sua voce cominciò a fremere per l’emozione;

e io me la immaginavo, a piangere, all’altro capo del

telefono, con quei due occhini rossi -...Ma perché li devi ritirare?

Ti hanno detto qualcosa?...” e a questo punto i singhiozzi

proruppero e non la lasciarono proseguire.

“Non preoccuparti – intervenni io, cercando di mantenere

la calma, per non farle capire che la cosa era più grave di

quello che lei immaginava -...si tratta del fatto che non ho

ancora messo i timbri della SIAE, che sono necessari per far

circolare pubblicamente il libro. È cosa di qualche giorno

soltanto, poi li potrò distribuire... Ma se adesso qualcuno mi

fa delle storie perché manca l’autorizzazione... Mi capisci?

Saranno guai... È necessario che tu me li ritiri al più presto!”.

“Sì, sì... Ma sei sicuro che potrai pubblicare quelle cose

che hai...- e qui singhiozzò ancora -...quelle cose che hai

scritto, del Padre Noir e di quelle ragazze...?”.

“No, nessun problema per quello... si tratta solo di cose

burocratiche. Allora... per domani a mezzogiorno, pensi di

farcela? Sì...?”.

“Farò di tutto... ciao!” e capii che aveva capito anche ciò

che io non le avevo detto. Padre Speir mi attendeva in giardino;

parlammo delle mie preoccupazioni, di tutta quella

vicenda; ed egli, pur dandomi quella serenità che mi attendevo,

non mi nascose la gravità dei fatti e il pericolo della

situazione. Comunque, trovarmi a fianco lui, ora, mi dava

una certa speranza, mi aiutava a vedere le cose non solo dal

mio punto di vista; e ciò era già molto, dato che in quei

momenti ero portato a vedere solo nero. Quella notte fu tremenda:

piena di angosce, di fantasmi delle paure, dei risvolti

negativi che avrebbe potuto assumere la vicenda; immaginavo

me stesso già nei tribunali, accusato e colpevole; vedevo

le foto dello scandalo sulle copertine delle riviste... e io a

scappare, inutilmente. Non vedevo l’ora che rispuntasse l’alba...

A mezzogiorno, le ultime copie furono riconsegnate.

Mentre io avevo racimolato le altre in mattinata, mia madre,

con non poca fatica, di fronte anche a chi tra i parenti voleva

a tutti i costi finire di leggere quel libro, era riuscita a farsi

ridare tutte quante le copie.

“Grazie, mamma! Poi, ti dirò... Ora devo proprio andare!...”

e la lasciai appena mi consegnò il pericoloso malloppo,

senza nemmeno salutarla. Telefonai subito a Jean; mi

dissero che lui non c’era, ma che per i casi urgenti aveva

lasciato detto di rivolgersi a monsignor Romiel. Nonostante

non lo conoscessi bene, e avrei voluto in quel caso dire solo

a Jean di quelle mie cose, accettai di rivolgermi a lui. “Ah,

sì... sei tu... Sua Eccellenza mi ha detto del tuo caso; puoi

dire tutto a me, sono informato della vicenda... Dimmi!”. Gli

riepilogai in breve l’andamento dei fatti, e conclusi: “Ecco,

ora tutte le copie sono state ritirate... Che faccio?”. “Ora è il

caso che tu ti prenda qualche giorno e ti ritiri da qualche

parte, evitando le persone che ti conoscono, in modo da far

smorzare le cose; poi, vedremo”.

“Ah, Monsignore... Vorrei dirle che sono atteso a

Gourly... per Sabato... sa... un saluto; però, mi attendono con

il libro. Che dice? Se non ci vado, quelli potrebbero insospettirsi,

e la vicenda potrebbe ingigantirsi di nuovo... Mi

cercherebbero... Pensi che hanno già prenotato anche il

libro, e in parecchi; potrei andarci, e addurre qualche scusa,

per esempio che non è ancora pronto. Però, c’è anche il fatto

che potrei incontrare le persone che conoscono già da vicino

questa vicenda, e che potrebbero dire come stanno veramente

le cose...e tutto riaffiorerebbe come uno scandalo!”.

“Mah!.. .Io ti direi di non rischiare: non andare, lasciali perdere,

e non farti vedere, è meglio; e se ti cercheranno, tu renditi

introvabile. Poi, a un certo momento, smetteranno di cercarti;

ma se tu vai là, potrebbero davvero crearsi delle complicazioni.

No, non andare a Gourly”.

“Quindi mi sta suggerendo di ritirarmi da qualche parte...

Già, ma dove?”. “Lontano... abbastanza lontano; e senza far

sapere niente a nessuno. Vediamo... Che ne diresti della missione

che abbiamo a Kaluz?”. Al sentire pronunciare quella

località ebbi un sussulto: “Ma... non le pare un po’ troppo

lontana? E poi, non conosco nessuno là; no, non ce la farei

proprio a rimanere là, solo; no, non ci riesco, Monsignore.

Non sarebbe possibile un’altra località?”. “Mmm...

Vediamo, vediamo... Senti, tu non hai qualcuno di amico, un

po’ lontano, qualcuno che tu conosci bene?”. “No... non

penso proprio, no... Forse... forse sì: potrei andare dal mio

amico Padre Pierrin, quello che fa il cappellano presso le

guardie di frontiera, su alla Caserma di Exilles... Che ne

dice? Non è troppo vicino... e Padre Pierrin mi conosce

bene; anzi, mi aveva anche proposto di andarlo a trovare

lassù; potrebbe essere questa l’occasione buona, eh?”.

“Beh... sì, potrebbe andare. Se lui non ha problemi, vai pure

lassù; e parti subito, mi raccomando, non attendere oltre; e

poi, fra un po’ di giorni, fatti sentire!”.

“D’accordo, Monsignore; e intanto, grazie”. “Di niente...

Senti, piuttosto: quello che hai fatto è stato un grosso sbaglio;

certo, noi che siamo chiamati a testimoniare la missione

che il Signore ci ha affidato, dovremmo essere più preparati.

E questi sbagli ti aiutano a capire che forse non eri ancora

ben formato nella tua vocazione, che forse hai dimenticato

il tuo impegno di responsabilità: la preghiera, le tue pratiche

religiose, la tua vita di sacrificio. Ora, mentre sarai lassù,

riposati, certo; ma cerca anche di rivedere bene il tuo modo

di fare il prete; non possiamo permetterci che questo si ripeta...

Mi capisci?”.

“Sì, Monsignore...” risposi, convincendomi che quei suoi

consigli mi stavano richiamando che tutto quanto, di quella

mia vicenda, era proprio uno sbaglio; e che, prima di ogni

errore, ce n’era stato sempre un altro: prima del libro, gli

sbagli di Gourly; prima di quelli, la mia scarsa formazione di

sacerdote, che avevo trascurata, come bene diceva ora

Monsignor Romiel; e ora, bisognava rimettere a posto tutte

queste cose. “E ricorda che il giorno dell’Ordinazione hai

promesso al tuo Vescovo l’obbedienza, questa obbedienza

che ci costa, e ci porta a fare spesso le nostre interpretazioni

su come obbedire; e così, si finisce sempre per disobbedire...

Obbedienza!. Ricorda che il Signore passa attraverso i superiori

per giungere fino a te, non è in mano tua... Mi segui?”.

“Sì, sì, Monsignore...” e capii che dovevo sorbirmi anche

il resto della romanzina; e certo, me la meritavo!.

E così, mi ridisposi all’ascolto. “...E la tua povertà?...

Pensa che tu stavi desiderando, con il tuo libro, nientemeno

che il successo, la ricchezza, la fama... No! Non siamo sulla

strada del mondo noi, no!. Non lasciamoci trascinare!... La

croce! Questa è la nostra strada; non lasciarti ingannare dalle

vie del mondo!”.

E mentre gli parlava, io annuivo, all’altro capo del telefono,

riconoscendo che ben mi stava quella tirata d’orecchie.

“...E la tua castità...? Siamo per le cose di Dio, noi, e non per

correre dietro a delle balordelle!”.

E qui sussultai... Aveva definito così anche lei, quella lei

che mi aveva fatto tanto bene! No... non... Ma non potei soffermarmi

a pensare, perché dovevo seguire il suo discorso

conclusivo. “...Qualunque stupidata ci può capitare; ma non

dobbiamo essere impreparati; se fossimo più prudenti, queste

cose certo non avverrebbero, non ti pare?”. “...Ssì,

Monsignore... Ha ragione”. “Bene!... Auguri, allora...e fatti

sentire fra un po’!”. “Arrivederci”.

Exilles, 18 giugno, ore 18: Padre Pierrin mi ha accolto

con estrema cordialità, mettendomi subito a mio agio. Siamo

qui, in questa magnifica valle della frontiera, a pescare in

questo laghetto privato; e a Gourly, a quest’ora, si stanno

attendendo il mio arrivo, chissà che cosa diranno?.

Non ho nemmeno potuto avvisare nessuno; e neppure a

mia madre ho detto dove andavo: solo che stavo via, e per

un po’ di giorni. La Caserma è situata nella vallata immensa

e sorridente, e Padre Pierrin è un tipo allegro e scherzoso; e

mi aiuterà certamente a recuperare un po’ di quella serenità

che mi arrischiavo a perdere di nuovo. Già: dopo Gourly,

pensavo proprio che a Glorenzia, in quel luogo della spiritualità

e della quiete, avrei potuto riprendermi; e invece, con

la vicenda del libro, tutto stava per tornare peggio di prima.

A Padre Pierrin ho raccontato tutta la mia vicenda; ho

portato con me l’ultima copia di quel libro, perché si rendesse

conto del motivo per cui io ero lì, e in che situazione; ad

ogni capitolo che lui leggeva, intervenivo, facendomi consegnare

la parte letta, e stracciando in mille pezzi quelle pagine.

Finchè, tutto quanto il libro è sparito; e ora, non voglio

proprio più saperne di quel dannato e maledetto tascabile!...

“Ehi!... Ha abboccato! Tira su!” mi gridò Padre Pierrin. In

modo alquanto goffo cercai di trascinare verso di me il pesce

che aveva abboccato, e che sentivo sfuggirmi via. “Lasciagli

filo...Lascia che tiri per un po’ quell’amo al quale ha imboccato...

Vedrai, si stancherà, e allora...”.

Depose per terra la sua lenza con cura e venne verso di

me, per accertarsi che tutto procedesse secondo le sue indicazioni.

“Ecco, ecco! Adesso, tira verso di te, e gira piano

piano il mulinello”.

“Ma...non c’è pericolo che si rompa il filo?”. “Ma che

dici?...- replicò sorridendo Padre Pierrin – Piano...piano...”.

“Eccolo, eccolo!... Che cos’è?” gli chiesi ansioso, mentre

cercavo di far posare quel pesce accanto a me, sull’erba,

mentre quello sbatteva qua e là, nell’ultimo tentativo di svincolarsi

dall’amo.

“E bravo!... Una trota!. Te la farò cucinare al forno, questa

sera, dal nostro cuoco. Vedrai come si sa fare: questi gendarmi,

in cucina, sono meglio dei cuochi del ristorante.

“Grazie, Padre Pierrin” gli dissi con un sorriso, mentre il

sole del tramonto si sbiadiva dietro le montagne innevate,

permettendomi di nascondere le lacrime di quel momento di

gioia e di nostalgia.